Domenica scorsa, alla Tv tedesca (ZDF) – il Raidue di noi altri – hanno trasmesso per tutto il pomeriggio uno speciale sul Melt Festival, è stato bello rivedere tutte le performance artistiche viste qualche giorno prima a Ferropolis “the city of iron” Germania.
Ma qui non voglio parlare del Melt Festival, ne tantomeno lodare l’organizzazione impeccabile tedesca, ma mi è venuto spontaneo usarlo come termine di paragone, con quello che vedo in giro e in TV.
Perchè, invece di vedere Mezzogiorno in Famiglia, non possiamo vedere le immagini di un Festival europeo, cosi’ da rendere noto anche alle nostre mamme, quanto è reale l’idea della musica intesa come aggregazione.
Perchè la Germania, il Portogallo, da dodici anni la Spagna, sono posti dove è quasi normale presentare, promuovere buonissima musica?
Cosa manca all’Italia? E’ chiaro a tutti che Porto è economica, il biglietto è costato la metà, il luogo in cui si è svolto il festival, il Parque de Cidade, è un vero paradiso a due passi dal mare, con alberi e prati e non una colata di cemento.
Ok tutto vero, ma io non voglio credere che in Italia sarebbe stato impossibile trovare, a parità di spazi verdi, mare e ospitalità degli autoctoni e di crisi economica un posto dove vedere suonare i nostri gruppi preferiti.
Perche´mi devo fare 5000km per vedere un festival del genere?
Perche´non si riesce a fare in Italia una cosa del genere?
Non sarebbe per esempio possibile fare un festival che si svolge contemporanemante a Milano, Roma e Palermo?
Un po´come il Reeding and Leeds Festival in Gran Bretagna o Hurricane e Southside in Germania.
Magari i costi si abbattono creando un evento squisitamente italiano, connotato ovviamente da sfumature internazionali, ma che riuscirebbe sicuramente a portare i giovani europei in Italia.
Guardando ai nostri alberghi vuoti, ai ristoranti che fanno la fame, non c’è nessuno che si accorge che basterebbe solo una ventata di freschezza per ristabilire le sorti di questo paese, martoriato dal vecchiume culturale.
E magari in Italia, non saremmo stati puniti dalle incessanti piogge…
Gli albergi a Porto erano tutti pieni, code lunghissime ai ristornati per gustare un piatto di Sopa de mariscos…il tutto moltiplicato per 4, i giorni del Festival (…)
Io non credo che il pubblico italiano sia da meno rispetto ai nostri amici europei, peccato che l’offerta musicale nel Bel-Paese sia alquanto mediocre, noiosa, antica!
Optimus Primavera Sound ha consentito alla città di Porto di attivare le risorse turistiche contribuendo così alla rivalutazione della sua immagine, e tale evento unico e irrepetibile ha portato anche agli stessi abitanti un certo “ristoro”.
La fetta di pubblico interessata a questo genere musicale è notevole, i portoghesi se ne sono accorti ed hanno voluto provare e per questa ragione la municipalità di Porto ha accolto moltissime persone che non volevano perdersi la possibilità di vivere quest’evento in questa città.
Chissà se in futuro anche noi potremmo avere la fortuna ed il merito di ospitare i The Flaming Lips con i Wilco a due passi da casa o a due ore di treno! Ritorniamo all´Optimus Primavera…
Il festival merita un bel 7, tranne per la ridicola fila sotto la pioggia che i giovanotti dal palato fine hanno dovuto fare, per accaparrarsi i biglietti per la domenica da salotto alla Casa de la Musica, assolutamente mal gestita.
Le sovrapposizioni sono state infami, sul palco alla stessa ora o quasi le cult band Wilco e Shellac, i bravissimi M83 e gli ispidi Thee Oh Sees. Io ho voluto premiare tutti, concedendomi a metà!
C’era la crema dell’indie mondiale ben assortita e come al solito eterogenea (i mostri sacri anni novanta assieme all’ultimo hype, la salsa post rock, l’elettronica più oscura e il bagliore del nuovo pop-rock) e infine la baldanza giovanile a condire il tutto.
Uno show dal sapore ben diverso lo hanno fatto i The Flaming Lips, habitué dei Festival europei. Loro non hanno bisogno di elogi particolari, traducono in linguaggio visivo il loro sound, diventando eccessivi al limite del ridicolo. Sul palco sono allucinanti, sgargianti, esuberanti devastanti, accompagnati da una fronda di ragazzini che ballano come se fossero ad una festa di compleanno. Il solito insomma, l’esuberanza fatta consuetudine, una gioia spudorata e invincibile, è stato il concerto piu’ vivo che io abbia mai visto, e mentre asciugo la lacrima al mio vicino non rimpiango di aver saltato i concerti dei Black Lips e dei Codeine.
I Wilco, invece troppo precisini e noiosi con un Jeff Tweedy imbalsamato, lode pero’ alla camicetta rossa di Nels Cline. Sbadigli quindi!
Insomma, credo che questo festival abbia dato, probabilmente a causa delle beatifuliani reunion e le insicurezze del mercato, troppo spazio al “vecchio”. La mia è un’impressione trasversale, e lungi dal commentare il look dei giovani presenti, mi sento di chiedere di osare di piu’ perchè questo rinnovato passatismo che ha travolto negli ultimi anni la musica internazionale indipendente puzza di vecchio.
Comunque per noi che gli anni scorsi imprecavamo per le file ai bar, ai bagni e le difficoltà di spostamento tra fiumi di persone, questa edizione a Porto è stata una passeggiata!
Autore: Clementina Lupo
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