A mezzanotte in punto, sale sul palco il supporter della serata, da solo e armato di chitarra acustica. Non si presenta, preferisce che la sua musica parli per sé, da come dichiara durante uno scambio informale di chiacchiere nel post-serata. Si tratta di Guy Littell, da Torre del Greco: la sua musica si rifà alla vena del rock classico, leggermente elettrico, senza troppi fronzoli. Suona seduto, in solitaria, anche se a volte (da come ci avrebbe detto più tardi) viene accompagnato anche da altri musicisti. Il suo sound è legato alle radici folk cantautorale. L’accostamento musica/voce funziona; suona circa 13 minuti, davvero poco per capire cosa ha da dire. Ma il pubblico risponde abbastanza bene e si comporta davvero gentilmente, chiudendo la sua brevissima esibizione con uno scrosciante applauso di solidarietà.
Dopo una mezzoretta è il turno dell’headliner: basta il muoversi della tendina che da sul backstage ed il primo ciuffo di capelli spettinati per far impazzire il pubblico che accoglie rumorosamente Dente. Le dichiarazioni di amore da parte delle ragazze presenti in sala non si contano. Nonostante l’aria timida ed i testi che alcuni non esiterebbero a definire eccessivamente smielati (anche se ci sarebbe molto da dire sull’argomento), Dente si dimostra una bestia da palcoscenico, capace di scherzare col pubblico, prendersi in giro costantemente e, soprattutto, svelare un’autoironia inaspettata. Suona per un’oretta abbondante, proponendo più di una dozzina di pezzi. Apre con Stella, da Non c’è due senza te, proseguendo subito con brani tratti anche dal suo ultimo album, L’amore non è bello, come Buon Appetito (pezzo di “non amore”, per certi versi ancor più di Canzone di non amore del precedente album) e Sole. Tra un bicchiere versato per sbaglio sulla scaletta ed un paio di inviti a salire sul palco rivolti ad inesistenti ospiti a sorpresa da parte del cantante, la serata prosegue con la sognante A me piace lei, fino a Baby Building, uno dei pezzi che ha reso maggiormente famoso il cantautore di Fidenza. Quasi in chiusura Dente propone una dolcissima Vieni a vivere (celebre anche per il videoclip molto curato) e Quel Mazzolino, una “canzone contro la polizia” che in realtà è semplicemente una cronaca molto ironica di una serata, resa ancora più interessante da un lampeggiante poggiato alla destra delle tastiere. Qualche minuto di pausa nel backstage, “una dovuta buffonata che però bisogna sempre fare”, come ha dichiarato il cantante, rendendosi ancora più “vicino” al pubblico, e infine la chiusura con altri due brani dal suo repertorio. Conclude con “una canzone molto più apprezzata dei miei pezzi. Ma vaff…”: Verde di Federico Fiumani. In quest’ultimo brano si riesce ad intendere le ottime potenzialità tecniche di Peveri e dei suoi, molto aldilà dei semplici, seppur gradevolissimi, arrangiamenti a cui ci si è abituati ascoltando i sui dischi.
Autore: A. Alfredo Capuano
www.amodente.it