Grande serata di rock ‘n’ roll e non solo per gli headliners Fuzztones ma anche per i due gruppi di supporto Transex e Taxi, ambedue romani, i primi più ‘viziosi’ e affascinati dai vari Johnny Thunders, Stiv Bators ecc., i secondi artefici di un punk stradaiolo e muscolare ma molto ‘fun attitude’, tra Ramones e Sham 69: in tutti e due i casi zone in cui i confini tra punk e rock ‘n’ roll non hanno più senso, come l’Iguana ha insegnato. Le due bands hanno riscaldato l’atmosfera di un Init stracolmo per la garage band più conosciuta nel mondo, che dopo venti anni riesce a radunare sotto queste assi sia acerbe (ma frizzanti) punkettine che freakbeat dalle basette lanose (e c’è addirittura qualche tiratissimo mod ad evidenziare la natura profondamente sixties dell’intera faccenda). Il look più tamarro del mondo di certo i Fuzztones non l’han perso, ma neanche il Farfisa sound della Debbie ritornata alla casa madre con qualche chilo in più …(saranno quelle mordicchiate banane warholiane che sortiscono quest’effetto anzichè quello sperato di ludica perversione?); anzi, in certi casi si potrebbe anche parlare di non-look quando ad essere ‘indossati sono solo lunghi capelli ricci alla ‘reverend’ dei mai troppo riveriti Filipinos (tanto per restare nei garage), collane di osso e pesante trucco per vampiri allucinati ma divertenti come da manualetto crampsiano del teenager americano cresciuto a b-culture. E poi c’è lui..Rudi Protrudi..l’uomo che non ha mai perdonato Dio per non avergli fatto vivere i sixties più pesanti e selvaggi, quelli di deviati e pericolosi combi texani naturalmente ‘acidi’, non certo quelli della zuccherosa ‘swinging London’. Allora lui ha riletto con grande humour più che ironia ma anche con una certa preparazione e rispetto della tradizione, quei capitoli che nel corso degli anni hanno condotto alla definizione di uno stile, di una tendenza e perché no, di un genere. Rudi che ribattezzatosi Link (..& Jayman) ha stravolto e dilatato grandi standards per farne un torbido affare a luci rosse, quest’uomo dalla camicia che più lisergica non si può e che dal gilet in pelle nera tira fuori un’armonica il cui acidissimo suono è lo stesso della più grande (per il sottoscritto) garage band degli anni ottanta, i Miracle Workers. Sui Fuzztones non occorre aggiungere altro su questo magazine, ma è interessante invece osservare come questo tipo di concerti dimostra che ai tanti eventi che si avvicendano sui palchi di questa città il pubblico accorra in misura maggiore e con più entusiasmo e partecipazione quando si tratta di bands o stili che in qualche modo rimandano al passato piuttosto che per gruppi e generi le cui musiche son indubbiamente più legate al nostro tempo (leggasi pure post-rock, glitch music, new acoustic..). Questo potrebbe dipendere dalla vasta offerta che in qualche misura inflaziona il mercato dell’indie (e visto che i concerti non sono gratis bisogna pur scegliere…), ma quello che ci interessa capire è se il rock, dopo aver perso la sua funzione riformatrice di costumi sociali da almeno venticinque anni (purtroppo i Nirvana non han potuto fare molto di più, il mondo era già uscito da un bel pò dal big bang, dal chaos primordiale del ‘77) e attestatosi quindi paradossalmente eppure naturalmente genere conservatore, non voglia perseverare nel restare conservativo anche nelle sue forme.
Autore: A.Giulio Magliulo