Finita la scorpacciata concertistica del festival di Benicàssim, il mio viaggio spagnolo è continuato in quel di San Sebastiàn o, come dicono gli amici baschi, Donostia. Nella settimana di festeggiamenti che si sono tenuti da queste parti, non c’era granchè a livello musicale. Certo mai e poi mai avrei rivisto Fangoria, artista trash-casereccia iberica di infimo valore, già purtroppo osservata all’opera a Benicàssim. Meno male che, proprio l’ultimo giorno, fosse in programma Fermin Muguruza, musicista basco assai schierato politicamente sul versante dell’antagonismo anticapitalista e non solo. Un modo di intendere la vita che ha fatto sì che il nostro diventasse amico di gente come Manu Chao e P18, collaborando anche con realtà italiane a lui vicine, tipo la Gridalo Forte, in particolare con la Banda Bassotti. Trasformatosi col tempo in un vero punto di riferimento culturale e sociale per la gioventù basca, Fermin è stato quindi accolto da un’autentica ovazione quand’è salito sul palco. Per di più, essendo originario di Irun, piccolo centro portuale che sorge a poca distanza da Donostia, praticamente giocava in casa. Le incoraggianti premesse sono state di conseguenza ripagate da uno spettacolo all’altezza della situazione. L’allegra e copiosa combriccola capitanata da Muguruza, col suo misto di dub, reggae e ska, è stata in grado di far ballare e pensare il pubblico per più di due ore e mezza. Nulla è riuscito a fermare questa calientissima fiesta musicale, nemmeno degli improvvisi problemi tecnici che, verso la fine, hanno interrotto il concerto per una decina di minuti, utili a riprendere un po’ di energia. Grazie a questa pausa forzata, sono stato in grado di zompettare anche nei bis conclusivi. Dopodiché la folla, compreso il sottoscritto, ha salutato calorosamente il beniamino della serata e i suoi fidi compari. Adiòs sr Muguruza, ci vediamo alla prossima occasione!
Autore: Luca Mauro Assante