Gli Yeasayer sono gruppo elettronico di NY che dopo la pubblicazione del loro secondo lavoro, “Odd Blood”, finalmente sono stati chiamati anche in Italia ad intrattenere le folle; infatti era la primissima apparizione italiana della band.
Alle 21.40 sale sul palco il gruppo di apertura, Hush Hush, che non è altro che un duo composto da un ragazzo alto magro e barbuto e un sintetizzatore usato in ‘maniera bizzarra’. Il ragazzo intrattiene con balletti e sketch divertenti e quando è il momento di cantare non è assolutamente intimidito, nonostante la scarsa affluenza di pubblico (si contano venti persone a malapena) la voce, perfettamente intonata e potente, si adatta egregiamente alle sonorità elettro-funk che ne fanno da padrona. Dopo un lancio di rose tra il pubblico e ancora una volta un balletto che ricorda a tratti un goffo Michael Jackson Hush Hush saluta il pubblico lasciando spazio al gruppo tanto atteso, gli “Yeasayer”.
La scenografia, già precedentemente sul palco, è ricca di pannelli bianchi e persino i reggi tastiere e sintetizzatori non sono altro che delle colonne pallide che si coloreranno a intermittenza grazie ai giochi di luce caratteristici delle performance della band. Sono le 22.20, decisamente in anticipo per gli orari soliti del Circolo, quando la band di New York sale sul palco seguita da un caloroso applauso.
In origine un trio dal vivo diventa un quintetto che si destreggia vorticosamente tra tastiere, sintetizzatori, chitarre distorte, estremizzazioni sul basso, batteria e xilofoni. Il live si apre con “Children”, intro splendida che ci catapulta perfettamente nella dimensione che la band vuole creare fin da subito; sonorità etniche minuziosamente miscelate con musica elettronica e funk, mai banale, mai noiosa. Subito giocano la carta “Rome” pezzo chiave; la cittadina e tutta l’Italia sta molto a cuore alla band e in particolare alla voce principale, Chris Keating, che alla fine del pezzo accenna un discorso molto timido nel quale celebra la nostra patria come uno dei paesi più belli del mondo. Evidentemente il caro Chris non ha mai vissuto più di una settimana in Italia. Ma proseguiamo. “Wait For The Summer”, singolo estratto dal primo album “All Hours Cymbal” del 2007, è un globo di suoni etnici e tribali che si intrecciano perfettamente nel turbinio di strumenti utilizzati meticolosamente, come il tamburello e tastiere. “I Remember” è stata la perla della serata: armoniosa, dolce, melodica. Le voci dei tre leader si sono perfettamente fuse creando un’atmosfera elettrizzante; il falsetto caratteristico di Ira Wolf Tuton (basso e sintetizzatore) risuonava nel back sound quasi come fosse un vero e proprio strumento. Assolutamente straordinario. Il gioco di luci e colori creatosi, sembrava avvolgere completamente non solo la band ma anche la folla, totalmente in delirio spirituale. Il concerto è proseguito con “Final Path” pezzo contenuto nel singolo di Wait For The Summer. Ritroviamo sonorità a volte hip hop a volte elettroniche che creano un’atmosfera unica e rara che accompagna la folla verso “Tightrope”, brano tratto dalla compilation del 2009 “Dark Was The Night”. Si prosegue con un’orecchiabilissima e quanto mai ballabile “Love Me Girl”; Chris Keating è un ottimo interprete, così come gli altri membri della band i quali interpretano perfettamente la parte di musicisti eccellenti che sanno come estremizzare i suoni prodotti dai sintetizzatori e dalle tastiere. Nulla è lasciato al caso. Ogni nota è studiata per produrre un suono unico e articolare.
“One” viene accolta dalla folla con un chiassoso “OOOOH” che risveglia anche coloro che come me si erano assopiti, avvolti dall’atmosfera musicale ricreata dalla band; ancora una prova del fatto che la bravura degli Yeasayer sta nella capacità di intrattenere, mantenendo concentrato il pubblico, senza creare quel delirio che sfocia nella violenza e nella confusione. “Mondergreen” e “Strange Reunions” tanto diverse quanto simili, scivolano via come quando lo zucchero si scioglie in acqua. “Madder Red” viene ancora acclamata dalla folla che forse, sentendosi troppo rapita, catturata, assuefatta, sente il dovere di donare a questi ragazzi il meritato supporto pur sempre rimanendo nel rispetto reciproco. I falsetti alla Animal Collective riecheggiano tra le mura rettangolari del Circolo. Un occhiata dietro di me; tutte le persone, di ogni età, sono rapite, sorridono, scuotono le teste al ritmo di questa meravigliosa ballata elettronica. A chiudere questa splendida sperimentazione di suoni e voci è il singolo estratto da “Odd Blood”, “Ambling Alp”. Si accenna qualche saltello nel centro del pubblico, ma ancora una volta sarebbe uno spreco per le orecchie e per gli occhi rovinare un momento così elevato di musica e spettacolo. I pannelli sono rossi, bianchi, blu, verdi, rosa. Keating accenna un balletto. Tuton si destreggia egregiamente con il basso sul quale è stato applicato un effetto straordinario che rende il suono simile a quello di una tastiera. La folla sorride e quando il quintetto abbandona lo stage c’è odore di bis. Dopo essere stati chiamati a gran voce dal pubblico ecco che con un’inaspettata foga si ripresentano sul palco più carichi che mai e annunciano che nonostante non fosse stato previsto suoneranno “two more songs”. Sulla scaletta infatti gli ultimi due brani non sono neanche presenti.
Pura improvvisazione mi verrebbe da dire. Sta di fatto che la band di New York dopo un ora e venti di concerto e quattordici brani suonati lascia il palco del Circolo Degli Artisti tra gli applausi e l’affetto del pubblico che ha gradito e ha apprezzato sopra ogni aspettativa il sound innovativo che ci hanno proposto.
Autore: Melissa Velotti
www.yeasayer.net