Beth Gibbons ha dato alle stampe “Lives Outgrown” (Domino), quello che si può pienamente definire il suo primo “vero” lavoro solista.
All’alba della lunga “pausa” dei Portishead durata dal 1998 (anno di pubblicazione del live “Roseland NYC Live”) al 2008 (anno di pubblicazione di “Third”), Beth Gibbons, nel 2002, con Rustin Man (ovvero Paul Webb dei Talk Talk) licenzia “Out of Season”, un disco che, in ragione dell’importanza dei nomi coinvolti, finisce con il tradire le aspettative, rivelandosi un piacevole ascolto ma nulla di più, sospeso tra brani più folk (“Mysteries”), “pop” di qualità (“Tom the Model”), momenti intimi (“Show”), richiami a sonorità da jazz radiofonico anni cinquanta (“Romance”), ibridazioni (“Funny Time of Year”), “sperimentazioni” (“Rustin Man”) …
Nel 2019, l’ardito “Symphony No. 3 (Symphony Of Sorrowful Songs) Op. 36” di Henryk Górecki con la Polish National Radio Symphony Orchestra condotta da Krzysztof Penderecki in cui la Gibbons, con il suo canto, schioda dalla croce della sacralità la ieratica partitura vocale rendendola umanamente ed ecumenicamente terrena (si è detto su queste pagine); per un confronto, si ascolti l’esecuzione del soprano Dawn Upshaw del 1992 con la London Sinfonietta diretta da David Zinman.
Varie, poi, le apparizioni, tra cui la recente in “Mother I Sober” di Kendrick Lamar da “Mr. Morale & the Big Steppers” del 2022.
Ora, con “Lives Outgrown”, la Gibbons riparte da quanto lasciato in sospeso e non espresso in “Out of Season”, per virare verso una più personale introspettiva “visione” e verso un cantautorato inquieto, teso, a tratti claustrofobico e da “camera”.
Apre il Side A l’arpeggio di “Tell Me Who You Are Today” (scritta con Lee Harris – torna l’ombra dei Talk Talk) prima che la voce della Gibbons evochi reminiscenze folk e le parti strumentali amplino le aree geografiche dell’ascolto: “Falling now/Falling in/Come over here/Listen to me”.
Perfetta e sentita è “Floating On A Moment”, capace di racchiudere in sé, con grazia e intensità, differenti momenti, fasi e istanti, per quello che è il brano più compiuto dell’intero disco: “I’m floating on a moment/Don’t know how long/No one knows/No one can stay/All going to nowhere/All going/Make no… mistake”.
Ritmica e ossessiva (si sente la partecipazione di Lee Harris alla scrittura) è “Burden Of Life” caratterizzata dalla riuscita e drammatica frattura d’archi centrale e da un “acchito” alla Nancy Sinatra di “Bang Bang (My Baby Shot Me Down)”.
“Lost Changes” (con un inizio che ha ricordato nell’approccio vocale di partenza “Drive” dei R.E.M.), non disdegna inclinazioni alt “pop”, mostrando così la sua “versatilità”: “’Cause love changes, things change/Is what changes things/And time changes/Life changes/Love changes things”; tra i tanti dettagli … il fischio di Lee Harris.
Viscerale e “misteriosa”, nelle sue atmosfere da “mille e una notte” nascoste tra i solchi, è l’abrasiva “Rewind” (anche essa con la partecipazione di Lee Harris alla scrittura), screziata da metalliche rifiniture noise, feedback, e, nel finale, da “lontane” ma “vicine” voci …: “To far to rewind”.
Apre il Side B la bella “Reaching Out”, esatta nelle aperture “orchestrali”, che, al pari di “Lost Changes”, mostra il volto più funzionale di “Lives Outgrown”, per un brano da club underground gotico.
Se “Oceans” è riflessiva, eterea e sentita ballata “disturbata”… “For Sale” vivacizza i toni che, puntellati da “archi” e dall’assolo di violino di Raven Bush, reggono una volta dalla chiaroscurale tinta di umori mediorientali.
“Beyond The Sun” (ancora con la partecipazione di Lee Harris alla scrittura) porta l’ascolto a forme psichedeliche di fine anni sessanta; tornano i richiami mediorientali e frammentazioni noise: “The loss of faith/Filled with doubt/No relief/Can be found…”.
Chiude “Lives Outgrown”, la pastorale “Whispering Love”, perfetta per un disco prog-folk degli anni settanta che, con i suoi field recordings, il suo flauto …, volta verso trasognate speranza (“Oh whispering love/Blow througth my heart/When you can”) per un lavoro discografico di spessore, in cui le parti “suonate” sono protagoniste al pari della voce (di assoluto pregio l’apporto del polistrumentista e arrangiatore James Ford).
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