In un normalissimo sabato sera napoletano, solitamente, avaro di primizie musicali che non siano la solita sbobba discotecara a base di stordente “unz unz”, mi ritrovo circondato da una moltitudine di kids darkettoni dell’ultima ora ad aspettare che le Client diano inizio al loro concerto. Il duo inglese, scoperto da Andy Fletcher dei Depeche Mode, è infatti in città per promuovere dal vivo “City”, la loro ultima fatica discografica. Passata la mezzanotte, ecco le nostre eroine salire sullo striminzito palco del Sudterranea. Vestite con un attillatissimo completino celeste, Sarah Blackwood (voce) e Kate Holmes (tastiere) sembrano più delle vere hostess della British Airways che delle sensuali tap (vista l’altezza…) model. Oltretutto, a completare la formazione, c’è Joe Wilson (ex Sneaker Pimps, nonché addetto alle macchine e già produttore di “City”), un omaccione la cui stazza risalta non poco in confronto a quella delle sue colleghe. Com’era facilmente prevedibile, la band inglese ha fatto del proprio meglio per far rivivere a coloro che non lo conoscevano bene (io, purtroppo, per età anagrafica non ero fra questi, sigh…), cosa era il tecno-pop degli anni ’80. Pezzi quali, ” Money” o “Radio” altro non sono che delle perfette imitazioni dei bei tempi che furono. Praticamente, l’intera scaletta è costruita su ritmi metronomici da drum-machine in 4/4, elementari riff di tastiera conditi da melodie a presa rapida e poco altro. Né le timide allusioni sessuali dei testi hanno creato quel minimo di eccitazione che un contesto dal vivo avrebbe richiesto, dato che il tutto veniva interpretato in maniera algida ed alquanto distaccata. Ad onor del vero, comunque, non sono mancati i momenti godibili (tipo “Price Of Love” o l’interpretazione, nei bis finali, di ” Let’s Dance” di David Bowie) in cui muovere allegramente il culo. Una constatazione, quest’ultima, che in minima parte risolleva le sorti di un’esibizione assai parca di emozioni.
Autore: LucaMauro Assante