Manu Chao, dai tempi del suo grande successo a fine anni ’90, è sempre stato attivo, senza mai perdere un colpo, con una discografia folta dal 2001 (anno di quel che forse è il suo ultimo disco più famoso, Proxima Estacion Esperanza), al ritmo di un disco ogni due tre anni, ma con pochi dischi nuovi in studio e tanti live o cover. Complessivamente Viva Tu è il quinto disco di inediti dell’ex Mano Negra, quindi ben 17 anni dopo La Radiolina.
Tuttavia in questi anni è sempre stato attivo nella sua tipica maniera: ha registrato tanti progetti con Bunny Wailer, Mermans Mosengo, e David Hidalgo dei Los Lobos, oltre a collaborazioni con Bomba Estéreo, Rumbakana, Carlangas, Dani Lança, Calypso Rose. Ha composto le Pluma Sessions con Mr. Pluma, ha partecipato con Mr. Lassh e Amogh al progetto indiano The Dharavi Dream Project, e ha supportato la protesta nella città serba Topli Dol contro la privatizzazione dell’acqua, o al Sos Rainforest Live, per la protezione delle comunità indigente nella provincia della Patagonia di Chubut.
Musicalmente, negli ultimi sei anni aveva sempre suonato in formato acustico nel trio con il chitarrista e suonatore di ukulele argentino Lucky Salvadori, con il percussionista Galiciano Miguel Rumbao, e con Mauro “Metralla” Mancebo. Ma era sparito dai radar del mainstream, dove era coinvolto negli anni ’90 sin dai tempi in cui era leader nei folk punkers Mano Negra, E i suoi dischi dal 2002 non erano riusciti ad avere hit radiofoniche minimamente comparabili a quelle che tutti conosciamo (compresa la deludente e francamente poco bella Me Gustas Tu).
Viva tu, diciamolo subito, non è un album pensato, per stile musicale, per recuperare quel mainstream: in questo senso va elogiata e difesa la scelta coerente dell’ormai 63enne cantautore francese di origini spagnole di voler continuare a presentarsi ai suoi fan più come José Manuel Arturo Tomás Chao Ortega, autore di musica dalle melodie e ritmi sudamericani cristallini, che come Manu Chao aizzatore di folle no global.
Al contrario, è forse l’album più intimista di José, quasi tutto acustico, senza i ritmi reggae-pop ripetuti e stereotipati che lo hanno reso famoso. E’ senza dubbio un album cantautorale, in cui José cerca di ritornare alle origini, non solo spagnole ma mediterranee in senso lato e persino caraibiche, dopo aver composto nel 2004 un album tutto in francese.
Viva tu è un album onesto, intimo, cristallino, emozionale, che, come dice anche il testo della title track, vuole celebrare l’altro, la comunità, lo stare insieme, il noi quotidiano che si può percepire cercando fratellanza con l’edicolante sotto casa o con la panettiera (esempi tratti dal testo della canzone). C’è sempre la critica al sistema, per esempio in River Why, ma è evidente che non fa manifesto in un disco dedicato al tempo che passa (la Couleour de Temps, bellissima), alle camminate in libertà (Vecinos en el Mar) o alla malinconia degli addi (Lonely Night, Tu te Vas, Tom e Lola) o dei paesaggi (Cuatro Calles, Coração no mar). Ecco, è un disco malinconico e introverso, complice forse l’età non più da ragazzino ribelle dell’artista.
Ed è un disco di collaborazioni, cosa che stavolta è tutt’altro che una novità: in Heaven’s Bad Day addirittura con la leggenda Willie Nelson, o con la rapper parigina Laeti in Tu te Vas, a difesa della celebrazione del “noi” che Viva Tu vuole essere, con la conclusione affidata a Tantas Tierras, dove è proclamata l’inconsapevolezza ignorante del mondo che va verso l’autodistruzione (“Todo el mundo sin saber la que algún dia va a caer” ) ma anche un messaggio finale di speranza lasciato proprio alla leopardiana idea di comunità degli umani sofferenti sì ma insieme: “No estamos solos”
Nel disco suonano i suoi fidati amici Lucky Salvadori, Joan Garriga, Madgid Fahem, Soraya, Josep Blanes, Mauro Mancebo, Martita Perejil, e Pupa Congo, con la supervisione in fase di incisione di Charlart58, e anche se molte volte le canzoni suonano orchestrali, più che in altri momenti della sua carriera questo disco dedicato agli altri, all’altro, è un disco intimo, dove si sente soprattutto Manu Chao e la sua anima nella forma più nuda e autentica.
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