In un clima estremamente soffocante, come è consuetudine nella pianura padana in questo periodo dell’anno, si sono avvicendati sul palco del festival “Ferrara sotto le stelle” due tra i gruppi di punta della sperimentazione e dell’innovazione musicale provenienti dagli Usa. Alle 21 puntuali hanno iniziato i Fantomas il gruppo, che da progetto estemporaneo si è consolidato; capeggiato da quel terrorista vocale ed estremo sperimentatore che è Mike Patton e che vede alla chitarra Buzz Osbourne dei Melvins, al basso Gregg Dunn e alla batteria l’ex Slayer Dave Lombardo.
Nei loro 50 minuti di set i Fantomas hanno alternato alcune tracce aggressive dell’esordio “Amenanza al mundo” alle riletture dei brani delle colonne sonore dei film, come l’inquietante “Rosmary’s baby”. Patton, come sempre, ha dato il meglio di se, dimostrando di saper usare la sua voce come uno strumento e dilettandosi con acuti, parti melodiche o gracchianti.
Dopo un cambio di palco forse troppo lungo, alle 22.30 fanno il loro ingresso in cinque newyorkesi, che con il loro piglio sicuro ed esperto, ma non per questo privi di entusiasmo, ci hanno intrattenuto per un’ora e mezza. E’ stato, infatti, piacevolissimo vedere come Lee Ranaldo in più occasioni si divertiva, sorridendo o Thurstoon Moore che simulava un amplesso con la chitarra, mentre l’ultimo arrivato, quel geniaccio di Jim O’Rourke, sarà per temperamento, ha mantenuto per quasi tutto il concerto un aplomb da far invidia a un lord inglese. Da parte sua Kim Gordon è stata quasi sempre accigliata, soprattutto a causa di qualche imbecille che le ha lanciato contro bottigliette d’acqua, mentre Steve Shelley gestiva il ritmo. In scaletta molti brani dell’ultimo “Nurse”: Unmade bed”, “Pattern recognition” la riflessiva “Stones” ed una vibrante “New Hampshire”. Dal penultimo “Murray strett” hanno proposto “The empty page” e “Rain on tin”, ma la vera sorpresa è arrivata con “Eric’s trip” e con l’inaspettata “Bull in the heather” che hanno scaldato gli animi del pubblico. Come sempre non si sono risparmiati nelle incursioni nel noise, nelle quali spesso era evidente di come improvvisassero e del fatto che in ogni brano si fossero lasciati dei minuti per essere sciolti. In questi casi è emerso come sia rimasto in loro vivo l’approccio punk, soprattutto quando Ranaldo faceva suonare la chitarra agli spettatori in prima fila. L’apoteosi del noise è stata raggiunta con la conclusiva “Teenage riot”, con un finale noise violento e catartico, nel quale si è lasciato andare anche O’Rourke, che ha colpito la sua chitarra con una frusta di metallo.
Autore: Vittorio Lannutti