L’ultima apparizione di Billy Cobham sotto la “maddunina”risale a gennaio di un anno fa, allora con il progetto Culture Mix sempre qui al Blue Note, oramai tempo consolidato dello jazz-set meneghino.
Rispetto al progetto sopra elencato, quello odierno rispecchia prevalentemente una sintesi jazzistica alquanto classical, quindi molto lontano dalle velleità afro-caraibiche del Culture Mix.
La formazione è un quartetto di tutto rispetto, che presenta alla chitarra l “irriverenza” stilistica di John Abercrombie, la classicità e il genio di Didier Lockwood al violino (strumento strano per ottenere creazioni jazz oriented) e al contrabbasso (prima collaborazione in assoluto col drummer Cobham) il danese Mads Vinding relatore ritmico d’indubbia eleganza, ed infine il maestro Cobham rullo compressore indiscusso di formazioni storiche quali la Mahavishnu Orchestra, e drummer del Miles Davis del periodo elettrico.
La sintesi dura appena sessanta minuti, ma il duetto Abercrombie-Lockwood, è un perfetto connubio fra eleganza suonata in punta di piedi (John) ed eccentricità dettata da quel suono di violino avvincente e morbido (Didier).
Le “tracce”dello spettacolo sono sei.Un’apertura jazz d’annata, una pennellata morbida di black sound dai margini funky, un notturno da fare invidia ai palati più cool, e poi classical jazz, e qualche contaminazione latina.
Qui John dimostra (ma, in effetti, la sua sapienza e risaputa negli ambienti “consapevoli”del jazz) come la tecnica, possa sposare un suono quasi sempre pacato, a volte silenzioso, dove trapela eleganza e dinamicità (non sempre il pubblico lo applaude in tempo!), mentre Lockwood, è un esempio perfetto di meccaniche sonore che toccano classicità ed estro (nel finale riesce nella “impresa”di dare al suo violino un suono santaniano, e immaginatevi il risultato?).
Tutto sotto la regia del grande Billy, professore indimenticabile di ritmica, nonché studente da sempre di suoni dal mondo, un inarrestabile avanguardista, che mette in risalto appunto la regia, ma soprattutto la tecnica del ritmo (anche qui anello fondamentale del progetto!).
Non stiamo parlando d’ultra-jazz, ma progetti del genere (un tentativo fra i mille, di dare visibilità al nuovo sound jazz oriented) includono un certo modo di vedere le cose, ed è quello di misurare la semplicità, con lo strumento della passione dei suoni, quelli veri, quelli ancora vivi!
Autore: Luigi La Delfa